I mormoni, in virtù di una religione che li
porta per due anni in missione all'estero dopo l'high school e prima di
frequentare l'università, imparano lingue straniere e hanno una particolare
abilità a muoversi in paesi stranieri.
Gli imprenditori dello Utah possono fare
molto per sostenere l’obbiettivo degli USA di raddoppiare l'export entro il
2015, o almeno di irrobustire i flussi di beni in uscita malgrado una realtà a
sempre minore carica manifatturiera.
Nella politica interna, con le elezioni di
mid-term segnate dalla prevalenza mediatico-culturale dei Tea Party e finite
con la House of Rapresentatives in mano ai Repubblicani, il Presidente Obama
incontra molti nemici. Sui mercati
esteri, con le guerre monetarie che influenzano il commercio internazionale
sancendo la fine dell'egemonia del dollaro, la situazione è molto preoccupante.
Tuttavia una squadra d'attacco, compatta e unita, il presidente americano ce
l'ha: gli imprenditori mormoni.
Non c’è solo un link contemporaneo fra lo
spirito religioso del mormonesimo e la spinta ad andare in giro per il mondo a
fare business. Questa spinta deriva anche da una ragione di lungo periodo che
sta all’origine della comunità mormone. Nel 1850 la comunità mormone guidata da
Brigham Young colonizzò la parte occidentale delle Montagne rocciose. Migliaia
e migliaia di persone per sfuggire alle persecuzioni arrivarono in questo
territorio ostile, dove nessuno voleva abitare. Mancavano di tutto: acqua, sale
e legname. Si dovettero ben organizzare ed unirsi in un progetto comune.
Crearono una società mutualistica ed imprenditoriale di cui, anche oggi, dopo
tanti anni si respira l’essenzialità ed il pionierismo di quei tempi. Il
visitatore che osserva il deserto di sale, polvere e pietre grigie che continua
a circondare, quasi centosessanta anni dopo, la capitale di questo Stato,
respira questa stessa aria di pionierismo e di determinazione fortemente
presente qui. Lo stato dell’Utah, con questo spirito imprenditoriale, sta
appunto contribuendo in misura significativa alla partita di Obama sui mercati
internazionali.
Franz Kolb, mormone di origine austriaca che
oggi dirige l'ufficio per lo sviluppo economico dello Utah, prevede che l'export americano, beni
materiali e servizi inclusi, salga dai 1.570 miliardi di dollari del 2009 ai
3.140 miliardi di dollari nel 2015. In un progetto tanto ambizioso lo Utah, per
quanto abbia una quota di pochi punti sulla bilancia commerciale americana,
porta un dinamismo rilevante, che nessun altro Stato Americano conosce. Basta
osservare i dati sul commercio internazionale del primo semestre dell'anno,
elaborati dall'International Trade Administration.
Limitandosi ai soli beni materiali, l'export
è rimbalzato del 22% rispetto allo stesso periodo del 2009. Quando negli USA a
causa del contagio della recessione dalla finanza all'economia reale aveva
causato un tracollo del 24%, quello dello Utah è addirittura cresciuto del 44
per cento. Questa tendenza è ancora più evidente se si analizza quanto è
successo negli anni scorsi. Le esportazioni americane hanno avuto una crescita
cumulativa, dal 2006 al 2009, del 3%. Quelle dello Utah invece sono salite del
52%. Il ritmo di crescita è di diciassette volte superiore!
Al di là della fattibilità del progetto di
Obama, resta la specificità dello Utah. Un buon 40% di questo export è
indirizzato in Gran Bretagna. Fra gli altri mercati di sbocco ci sono il Canada
con il 10% e, soprattutto, l'India (la quota è del 7%, i valori sono cresciuti
di quattordici volte in quattro anni), Taiwan (6% la quota, tasso di crescita
composto dal 2006 pari al 1.200%). Interessante il tipo di beni esportati, che
tratteggiano il profilo di un export di qualità superiore rispetto alla media
americana: il 15% dell'export sono prodotti high-tech collegati all'Ict (contro
il 5% dell'export complessivo statunitense), il 5% appartiene all'automotive
(in linea con la tendenza generale americana) e il 4,5% si riferisce alla
chimica e il biotech (mentre per tutta l'America queste ultime attività valgono
il 2%). (1)
«Una propensione all'export così forte ed
evoluta - dice David Clark che dal 2008 è direttore del programma di sviluppo
imprenditoriale del dipartimento di management di Utah State University - si
spiega prima di tutto attraverso le storie personali della comunità mormone, ma
conta anche il problema dell'educazione». Una questione che qui a Salt Lake
City ha un peso enorme: il Perpetual Education Fund, che dà prestiti ai giovani
meritevoli della comunità, rappresenta la formalizzazione finanziaria di una
precisa tendenza storica.
Clark nella sua carriera è stato presidente
e amministratore delegato della Prolexys Pharmaceuticals e di un fondo di
investimento. Dunque, fa parte del delicato meccanismo di integrazione fra
imprese ed università, che ha fatto di Utah State University l'ateneo più
vicino al Mit di Boston per numero di start up (secondo l'Association of
University Technology Managers, dal 2000, in media una ventina all'anno).
Clark, sei figli con la moglie Christine, è anche mormone ed è stato in
missione in Germania dal 1972 al 1974. Proprio grazie alla lingua e a quel
mercato, ha realizzato negli anni successivi di buoni affari.
Il finanziere Mark Thomas, è un mormone che
è stato in missione per due anni in Brasile ed è stato poi impegnato in banche
d'affari, fino a diventare uno specialista di bonds municipali: «Il nostro
credo non ha una naturale propensione al dialogo religioso. Abbiamo invece tre
punti di forza, essenziali per il business. L'ottimismo che abbiamo ereditato
dai nostri avi, che con la loro fede sono sfuggiti alle persecuzioni. Lo
spirito imprenditoriale che ci permette di condurre al successo piccole e medie
società manifatturiere e non. La conoscenza delle lingue straniere, un
vantaggio naturale anche per chi di noi finisce a New York o a Washington, in
banche d'affari o in istituzioni finanziarie dove il multilinguismo è
apprezzato».
Il conservatorismo dello stato dell’Utah si
è manifestato alle ultime elezioni, con l'ascesa al Senato di un uomo dei Tea
Party come Mike Lee, il cui padre Rex (mormone) era stato sollecitatore generale
dell'amministrazione Reagan, il rappresentante dell'esecutivo di fronte alla
Corte Suprema.
Con questo strano mix di cultura, religione
e business, lo Utah esprime un particolare tipo di neocapitalismo poliglotta,
aggressivo e high tech, che offre un sostegno al democratico Obama. Questa è la
strana leggenda di una comunità che sa stare sui mercati della globalizzazione
e che al suo Paese non offre soltanto agenti della Cia per le loro qualità morali,
il loro non fare uso di sostanze alcoliche e per il loro self-control, ma anche
buoni mercanti grazie agli addestramenti che ricevono nella Chiesa, il
multilinguismo, e l’esperienze di vita che questi mormoni si fanno sul campo di
missione.
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NOTE:
(1) I
dati economici qui riportati sono stati estratti dal giornale “Sole 24 ore” del
28 Dicembre 2010.
Post tratto dal libro: "Onorare i followers" di Piero durazzani
Post tratto dal libro: "Onorare i followers" di Piero durazzani
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